Quello che sta succedendo in Francia

Nico Morabito
4 min readMar 22, 2023

Quello che sta succedendo in Francia è molto semplice: un uomo solo decide tutto. Il parlamento non conta nulla, il governo non conta nulla, milioni di lavoratori e lavoratrici in piazza pacificamente non contano nulla, decine di migliaia di persone arrabbiate che protestano ogni sera contro gli abusi di un potere malato non contano nulla. Mi correggo: un uomo solo decide tutto, con al suo servizio i corpi di polizia che agiscono impunemente. In questo momento, in Francia, se esci a manifestare il dissenso senza far altro che esserci, con il tuo corpo, rischi di essere arrestato.

La notte del 16 marzo, a Parigi, circa 300 persone, tra cui molti studenti, due turisti austriaci e persino uno che era andato a correre in pantaloncini e maglietta, sono stati prima accerchiati e poi arrestati. Tenuti 24 ore in cella, fatti spogliare, interrogati, derisi. E infine rilasciati, senza alcuna accusa a carico. Secondo Le Monde, gli stessi poliziotti hanno confessato che era solo intimidazione, l’ordine era di arrestare più gente possibile per fare “numero”. Se quella sera non mi fossi trovato nel gruppo di testa delle migliaia di persone in trappola e dunque tra i primi a scappare fortunosamente da quello che non posso definire in altro modo che un agguato, forse sarei finito nel colonnino destro di Repubblica a supplicare Tajani e Marta Fascina (e chissà che non succeda nei prossimi giorni: preparate le arance per ogni evenienza).

Quello che sta succedendo in Francia non ha più a che fare solo con la riforma delle pensioni. Ha a che a fare con un processo molto lungo. La Quinta Repubblica non funziona più, è rotta. Ieri Macron ha avuto l’ennesima faccia tosta di dire che le rivolte non vinceranno contro il voto dei rappresentanti del popolo. Naturalmente il fatto che i rappresentanti del “suo” popolo in Parlamento siano in minoranza e che le leggi abbiano bisogno dell’articolo 49.3 per passare con la forza senza la via democratica del voto non conta. Il fatto che Macron sia stato eletto ben due volte con il ricatto di non far passare l’estrema destra non conta (la seconda volta disse che avrebbe tenuto conto di chi l’aveva votato pur disprezzandolo. Lo stiamo vedendo). Il fatto che sotto la sua presidenza le violenze commesse dalla polizia contro i cittadini, contro i migranti, contro chiunque, abbiano raggiunto livelli inauditi non conta (consiglio di visione: il bel documentario Un pays qui se tient sage, sulle conseguenze sui corpi delle persone, arti amputati, occhi perduti e via andare).

È un processo che non può finire bene, perché le storie degli uomini soli che abusano del potere non finiscono mai bene, anche se per brevità le chiamiamo democrazie. La prossima volta ci sarà Marine Le Pen, o Zemmour, o un outsider alla Trump, e allora che facciamo? Continuiamo a leggere Houellebecq e Onfray fingendo che le cause siano altrove? Continuiamo a voltarci dall’altra parte a fare finta di niente? Macron ha creato le condizioni per questo caos. Non è un politico e della politica non gliene frega nulla. Pensa di gestire una democrazia come fosse un’azienda privata e ora, seduto sul suo trono di monarca-Ceo, si gode l’ebbrezza del potere assoluto. Più lo disprezzano, più lo odiano e più lui si convince di essere nel giusto. Che mangino brioche.

Ieri sera sono andato al Café de la Danse, dietro Bastille, al concerto di un cantante francese che si chiama Martin Luminet. Uno di quei concerti in cui si balla d’amour et de colère, si canta, si frigna e poi magari come bonus arriva pure Alex Beaupain sul palco. Quando sono uscito, con ancora addosso l’energia dei concerti belli, mi sono diretto verso il métro e mi sono ritrovato la strada sbarrata da una colonna di un centinaio di poliziotti in tenuta da guerriglia. Stavano inseguendo dei manifestanti in fuga da République, dove si era tenuta una manifestazione spontanea. Subito dietro i poliziotti, circa trenta persone li inseguivano a loro volta, suonando il “Ballo del qua qua” con le trombe e coprendoli di ululati e slogan. Una scena grottesca. Sono riuscito a raggiungere place de la Bastille e la stessa scena si è ripetuta diverse volte: colonne di poliziotti che correvano da una parte all’altra, senza logica, inseguendo gruppi di venti-trenta persone a caso. Da qualche sera la protesta sta seguendo la logica delle zone a scomparsa: accendere focolai di dissenso in modo dislocato per tutta la città. Per il momento il gioco delle parti funziona, da entrambi i lati. Oggi in tv parla Macron, domani ci sarà un’altra giornata di scioperi e manifestazioni in tutto il paese. È obbligatorio esserci, testimoniare, fare foto e video, dire che quello che sta succedendo in Francia non è normale.

Non è normale vedere poliziotti che picchiano gente qualunque che scappa dai tavolini dei bar. Non è normale vedere giornalisti con al braccio la fascia arancione PRESSE che sperano di essere risparmiati dalla furia dei manganelli (spoiler: no, anche loro picchiati). Non è normale che ogni sera Parigi sia teatro di battaglie e scontri. Non è normale vedere barricate, non è normale camminare accanto a roghi di immondizia alti due metri. Non è normale uscire di casa e non sapere se ci torni.

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Nico Morabito

Parigi e Palermo. Autore e sceneggiatore. Le Favolose (Venezia 22), La dernière séance (Queer Lion, Venezia 21), Fuori Tutto (best doc italiano, Torino 19)