La Francia di Macron: stagione quattro, episodio sfinimento

Nico Morabito
3 min readMar 2, 2021

E poi ci sono giorni in cui il Paese in cui vivi assomiglia a Paesi in cui hai vissuto. Da cui: tutto il mondo è paese? Non so, di sicuro le destre si assomigliano un po’ tutte. Le sinistre, invece, sono infelici ognuna a modo suo.

Parigi, 2 Marzo 2021.

L’ex presidente della Repubblica francese Sarkozy è stato condannato in primo grado a tre anni per corruzione, di cui uno da scontare in prigione. Ma alla fine lo passerà ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Nel 2015 Sarkozy twittava contro le misure alternative per le pene superiori ai sei mesi. Oggi il suo profilo twitter è, come dire, muto.

Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha commentato la notizia con il solito stile dei macroniani. Avrebbe potuto, che ne so, dire “aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso” o, meglio ancora, tacere. Invece Darmanin ha pubblicamente difeso Sarkozy “per le grandi cose che ha fatto per il nostro Paese”. Giusto per ricordarne una: secondo l’accusa, Sarkozy e il suo avvocato avrebbero comprato due schede telefoniche prepagate e intestate a un certo Paul Bismuth per dedicarsi “alle grandi cose per il nostro Paese” (dalle intercettazioni su queste linee si è potuto costruire il castello accusatorio della corruzione a un giudice). Ricordo anche che Darmanin fu nominato a “primo poliziotto di Francia” (così qui viene volgarmente chiamato il ministro degli interni), malgrado delle accuse molto serie di “stupro” e “molestie sessuali”. Nessuna condanna, ma una seria questione di opportunità. Di sicuro c’è gente che è dovuta scappare a Sant’Elena per molto meno.

Ma il sostegno di Darmanin a Sarkozy (e al suo fedele elettorato) non è casuale. Tra un anno si vota per le presidenziali. Alcuni sondaggi danno un testa a testa al 50% tra Macron e Marine Le Pen. Cinque anni fa Le Pen era addirittura favorita. Poi sappiamo come è andata. Ma in giro c’è un diffuso e trasversale sentimento anti-Macron. Altro che dottrina politica oltre la sinistra e la destra. La sua è stata una presidenza di destra e basta: disagio sociale, povertà, violenze della polizia, migranti, uno sciopero generale che ha paralizzato il Paese per un mese e mezzo prima del Covid. Su tutto, una visione politica di continuo disprezzo verso le opposizioni e la popolazione: basterebbe mettere in fila le bugie, le dichiarazioni dementi e gli atti illogici nella gestione della pandemia, specie nella prima fase, per avere un quadro del disastro di questa presidenza.

Ovviamente Macron sente il vento in poppa ed è convinto di battere Le Pen con l’ennesimo ricatto morale delle nostre vite: non vorrete mica far vincere i fascisti? Voilà la fine dottrina politica a cui giusto Renzi può ispirarsi. Negli ultimi giorni Libération ha fatto due prime pagine consecutive sul rischio che il giochetto stavolta potrebbe non funzionare. A sinistra e al centro c’è molta gente che potrebbe astenersi o non votare Macron obtorto collo. Non per far vincere i fascisti, ma per sottrarsi a un pattern malato che va avanti dal tragico Chirac-Le Pen padre del 2002. O anche per far saltare il banco, perché no.

I macroniani ne hanno approfittato per accusare la sinistra di voler fare il gioco dei fascisti, ma insomma la Repubblica, ma insomma che scandalo, ma insomma i valori, ma insomma vergognatevi. La solita storia. Da una parte si prova a spiegare. Dall’altra, beh dall’altra, ognuno completi la frase a suo piacimento. Alla fine, se le cose restano così, credo comunque che Macron verrà rieletto perché i fascisti no no no. Però un anno è lungo, molto lungo. La storia recente, diciamo dal 2015, ci sta urlando in faccia che tutto quello che può andare storto finirà peggio. Resta da capire cosa è peggio di peggio.

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Nico Morabito

Parigi e Palermo. Autore e sceneggiatore. Le Favolose (Venezia 22), La dernière séance (Queer Lion, Venezia 21), Fuori Tutto (best doc italiano, Torino 19)